Comitato
promotore della campagna
#NO GUERRA #NO NATO
Italy
APR
19, 2019 —
Manlio
Dinucci
Al
Convegno internazionale «I 70 anni della NATO: quale bilancio storico? Uscire
dal sistema di guerra, ora», svoltosi a Firenze il 7 aprile, ha partecipato
quale principale relatore il Prof. Michel Chossudovsky, direttore di Global
Research, il centro di ricerca sulla globalizzazione (Canada), copromotore del
Convegno insieme al Comitato No Guerra No NATO e ad altre associazioni
italiane. A Michel Chossudovsky – uno dei massimi esperti internazionali di
economia e geopolitica, collaboratore dell’Enciclopedia Britannica, autore di
11 libri pubblicati in oltre 20 lingue – abbiamo rivolto alcune domande sui
temi discussi al Convegno.
Anzitutto
qual è stato il risultato del Convegno di Firenze?
Il
Convegno internazionale di Firenze è stato un evento di massimo successo, con
la partecipazione di diversi qualificati relatori provenienti da Nordamerica,
Europa e Russia. È stata presentata la storia della NATO. Sono stati identificati
e attentamente documentati i crimini contro l’umanità. Al termine del Convegno,
con circa 600 partecipanti da tutta Italia e da diversi paesi europei, è stata
presentata la Dichiarazione di Firenze.
Nella
sua relazione introduttiva al Convegno, lei ha affermato che la Nato non è
un’alleanza. Ci può spiegare perché?
Sotto
la sembianza di un’alleanza militare multinazionale, il Pentagono domina
il meccanismo decisionale della NATO. Gli Usa controllano le strutture di
comando della Nato, che sono incorporate in quelle statunitensi. Il Comandante
Supremo Alleato in Europa (SACEUR) è sempre un generale statunitense nominato
da Washington. Il Segretario Generale della NATO, attualmente Jens
Stoltenberg, è essenzialmente un burocrate addetto alle relazioni pubbliche.
Non ha alcun ruolo decisionale.
Un
altro tema da lei sollevato è quello delle basi militari Usa in Italia e in
altri paesi europei. Che ruolo hanno?
Il
tacito obiettivo della NATO – tema rilevante del nostro dibattito a Firenze – è
stato quello di attuare, sotto diversa denominazione, “l’occupazione militare”
de facto dell’Europa Occidentale. Gli Stati uniti non solo continuano a
“occupare” i “paesi dell’Asse” della Seconda guerra mondiale (Italia,
Germania), ma hanno usato l’emblema della Nato per installare basi militari Usa
in tutta l‘Europa Occidentale, e successivamente nell’Europa Orientale sulla
scia della guerra fredda e nei Balcani sulla scia della guerra Nato contro a
Jugoslavia.
Che
cosa è cambiato riguardo a un possibile uso di armi nucleari?
Subito
dopo la guerra fredda è stata formulata una nuova dottrina nucleare,
focalizzata sull’uso preventivo di armi nucleari, cioè sul first strike nucleare
quale mezzo di autodifesa. Nel quadro degli interventi USA/NATO,
presentati quali azioni per il mantenimento della pace, è stata creata una
nuova generazione di armi nucleari di “bassa potenza” e “più
utilizzabili”, descritte come “innocue per i civili”. I responsabili politici
statunitensi le considerano “bombe per la pacificazione”. Gli accordi della
guerra fredda, che stabilivano alcune salvaguardie, sono stati
cancellati. Il concetto di “Mutua Distruzione Assicurata”, relativo all’uso
delle armi nucleari, è stato sostituito dalla dottrina della guerra nucleare
preventiva.
Quale
relazione esiste tra corsa agli armamenti e crisi economica?
Guerra
e globalizzazione vanno di pari passo. La militarizzazione sostiene
l’imposizione della ristrutturazione macro-economica nei paesi bersaglio.
Impone la spesa militare per sostenere l’economia di guerra a detrimento
dell’economia civile. Porta alla destabilizzazione economica e alla perdita di
potere delle istituzioni nazionali.
Un
esempio: ultimamente il presidente Trump ha proposto grossi tagli alla Sanità,
all’Istruzione e all’infrastruttura sociale, “mentre richiede un grosso aumento
per il budget del Pentagono”. All’inizio della sua amministrazione, il
presidente Trump ha confermato l’aumento della spesa per il programma
nucleare militare, varato dal presidente Obama, da 1.000 a 1.200 miliardi di
dollari. sostenendo che ciò serve a mantenere il mondo più sicuro.
In
tutta l’Unione europea l’aumento della spesa militare, abbinato a misure di
austerità, sta portando alla fine di quello che veniva definito “Welfare
State”. La NATO è impegnata ad aumentare la spesa militare, sostenendo, per
bocca del segretario generale Jens Stoltenberg, che questa è la cosa
giusta da fare per “mantenere la sicurezza della nostra popolazione”.
Gli
interventi militari sono abbinati a concomitanti atti di sabotaggio economico e
manipolazione finanziaria. Obiettivo finale è la conquista delle risorse sia
umane che materiali e, allo stesso tempo, delle istituzioni politiche. Gli atti
di guerra sostengono un processo di completa conquista economica. Il progetto
egemonico degli Stati uniti è di trasformare i paesi sovrani in territori
aperti alla loro penetrazione. Uno degli strumenti è l’imposizione di pesanti
vincoli ai paesi indebitati. Ad impoverire vasti settori della popolazione
mondiale concorre l’imposizione di letali riforme macro-economiche.
Qual
è e quale dovrebbe essere il ruolo dei media nell’informare l’opinione pubblica
su tali temi?
I
media non si sono presi il disturbo di coprire il Convegno di Firenze. I
crimini di guerra della Nato non vengono così menzionati. Senza la
disinformazione attuata dai media, l’agenda militare USA/NATO crollerebbe come
un castello di carte. I pericoli incombenti di guerra, condotta con i più
moderni armamenti compresi quelli nucleari, non sono notizie da prima pagina.
La guerra è rappresentata quale azione di pacificazione. I criminali di guerra
sono dipinti come pacificatori. La guerra diviene pace. La realtà è capovolta.
Quando la menzogna diviene verità, non si può tornare indietro.
*****
PROVE
NATO DI GUERRA
Mentre
le macerie umane e materiali della guerra NATO contro la Libia restano sotto i
nostri occhi, ben poco appare dei preparativi NATO per guerre ben più
disastrose. Le attività militari della Nato restano sottotraccia. Eppure, dalla
fine della guerra fredda, mai sono state così intense.
Nel
2019 si svolgono 102 esercitazioni Nato, 39 delle quali con la partecipazione
di paesi partner (Ucraina, Georgia, Finlandia, Svezia e altri). Si aggiungono
208 esercitazioni nazionali e multinazionalii dei paesi Nato. In un anno 310
realistiche prove di guerra terrestre, aerea e navale, quasi tutte con lo
stesso scenario: la «difesa» dell’Europa dalla «aggressione russa».
Sempre
per «difesa» si preparano le forze a scenari di guerra nucleare, chimica e
biologica.
Altre
attività vanno oltre l’esercitazione. Dopo essersi estesa in vent’anni da 16 a
29 paesi (30 se ora ingloba la Macedonia), espandendosi a ridosso della Russia,
la NATO ha schierato 4 gruppi di battaglia multinazionali in Polonia, Estonia,
Lituania e Lettonia e attua il «pattugliamento aereo» della regione baltica con
cacciabombardieri, compresi Eurofighter italiani.
Tutto
questo costa: la spesa militare italiana dovrà salire da 70 a 100 milioni di
euro al giorno che usciranno, come sempre, dalle nostre tasche.
NO WAR NO NATO
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