L’arte
della guerra
Sotto il tricolore che sventola a Camp Darby
Mentre molte attività bloccate dal
lockdown stentano a ripartire dopo l’allentamento delle restrizioni, ce n’è una
che, non essendosi mai fermata, ora sta accelerando: quella di Camp Darby, il
più grande arsenale Usa nel mondo fuori dalla madrepatria, situato tra Pisa e
Livorno.
Completato il taglio di circa
1.000 alberi nell’area naturale «protetta» del Parco Regionale di San Rossore, è
iniziata la costruzione di un tronco ferroviario che collegherà la linea
Pisa-Livorno a un nuovo terminal di carico e scarico, attraversando il Canale
dei Navicelli su un nuovo ponte metallico girevole. Il terminal, alto una
ventina di metri, comprenderà quattro binari capaci di accogliere ciascuno nove
vagoni.
Per mezzo di carrelli movimentatori
di container, le armi in arrivo verranno trasferite dai carri ferroviari a
grandi autocarri e quelle in partenza dagli autocarri ai carri ferroviari. Il
terminal permetterà il transito di due convogli ferroviari al giorno che,
trasportando carichi esplosivi, collegheranno la base al porto di Livorno attraverso
zone densamente popolate. In seguito all’accresciuta
movimentazione di armi, non basta più il collegamento via canale e via strada
di Camp Darby col porto di Livorno e l’aeroporto di Pisa. Nei 125 bunker della
base, continuamente riforniti dagli Stati uniti, è stoccato (secondo stime
approssimative) oltre un milione di proiettili di artiglieria, bombe per aerei e
missili, cui si aggiungono migliaia di carrarmati, veicoli e altri materiali
militari.
Dal 2017
nuove grandi navi, capaci di trasportare ciascuna oltre 6.000 veicoli e carichi
su ruote, fanno mensilmente scalo a
Livorno, scaricando e caricando armi che vengono trasportate nei porti di Aqaba
in Giordania, Gedda in Arabia Saudita e altri scali mediorientali per essere
usate dalle forze statunitesi, saudite e altre nelle guerre in Siria, Iraq e
Yemen.
Proprio
mentre è in corso il potenziamento di Camp Darby, il più grande arsenale Usa
all’estero, una testata toscana online titola «C’era una
volta Camp Darby», spiegando che «la base è stata
ridimensionata, per i tagli alla Difesa decisi dai governi Usa». e il quotidiano Il
Tirreno annuncia «Camp Darby, sventola solo il tricolore:
ammainata dopo quasi 70 anni la bandiera Usa». Il Pentagono sta chiudendo la
base, restituendo all’Italia il territorio su cui è stata creata? Tutt’altro.
Lo US Army ha concesso al Ministero
italiano della Difesa una porzioncina della base (34 ettari, circa il 3%
dell’intera area di 1.000 ha) prima adibita ad area ricreativa, perché vi fosse
trasferito il Comando delle forze speciali dell’esercito italiano (Comfose), inizialmente
ospitato nella caserma Gamerra di Pisa, sede del Centro addestramento
paracadutismo (il manifesto, 5
marzo 2019).
Il
trasferimento è avvenuto silenziosamente durante il lockdown e ora il Comfose
annuncia che il suo quartier generale è situato nel «nuovo comprensorio militare»,
di fatto annesso a Camp Darby, base in cui si svolgono da tempo addestramenti
congiunti di militari statunitensi e italiani. Il trasferimento del Comfose in
un’area annessa a Camp Darby, formalmente sotto bandiera italiana, permette di
integrare a tutti gli effetti le forze speciali italiane con quelle
statunitensi, impiegandole in operazioni coperte sotto comando Usa. Il tutto
sotto la cappa del segreto militare.
Visitando il nuovo quartier
generale del Comfose, il ministro della Difesa Lorenzo Guerini lo ha definito
«centro nevralgico» non solo delle Forze speciali ma anche delle «Unità Psyops
dell’Esercito». Compito di tali unità è «creare
il consenso della popolazione locale nei confronti dei contingenti militari
impiegati in missioni di pace all’estero», ossia convincerla che gli invasori
sono missionari di pace.
Il ministro Guerini ha infine
indicato il nuovo quartier generale quale modello del progetto «Caserme Verdi».
Un modello di «benessere ed ecosostenibilità», che poggia su un milione di testate
esplosive.
Manlio
Dinucci
il manifesto, 14 Luglio 2020
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