Il lato oscuro del 5G: l’uso militare
Manlio
Dinucci
La manifestazione del 12 settembre a
Roma «Stop 5G» si focalizza a ragione sulle possibili conseguenze delle emissioni
elettromagnetiche per la salute e l’ambiente, in particolare sul decreto che impedisce
ai sindaci di regolamentare l’installazione di antenne 5G sul territorio
comunale.
Si continua però a ignorare un aspetto
fondamentale di questa tecnologia: il suo uso militare. Ne abbiamo già parlato sul
manifesto (10 dicembre 2019), ma con
scarsi risultati. I successivi programmi varati dal Pentagono, ufficialmente
documentati, confermano quanto scrivevamo nove mesi fa.
La «Strategia 5G», approvata il 2
maggio 2020, stabilisce che «il Dipartimento della
Difesa deve sviluppare e impiegare nuovi concetti operativi che usino la ubiqua
connettività offerta dal 5G per accrescere l’efficacia, la resilienza, la
velocità e letalità delle nostre forze armate».
Il Pentagono sta già sperimentando
applicazioni militari di questa tecnologia in cinque basi delle forze aeree,
navali e terrestri: Hill (Utah), Nellis (Nevada), San Diego (California), Albany
(Georgia), Lewis-McChord (Washington), Lo ha confermato, in una conferenza
stampa il 3 giugno, il Dr. Joseph Evans, direttore tecnico per il 5G al Dipartimento
della Difesa.
Ha quindi annunciato che applicazioni
militari del 5G verranno tra poco testate anche in altre sette basi: Norfolk (Virginia),
Pearl Harbor-Hickam (Hawaii), San Antonio (Texas), Fort Irwin (California),
Fort Hood (Texas), Camp Pendleton (California), Tinker (Oklahoma).
Gli esperti prevedono che il 5G avrà un
ruolo determinante nello sviluppo di armi ipersoniche, comprese quelle a
testata nucleare: per guidarle su traiettorie variabili, sfuggendo ai missili
intercettori, occorre raccogliere, elaborare e trasmettere enormi quantità di dati
in tempi rapidissimi. Lo stesso è necessario per attivate le difese in caso di
attacco con tali armi, affidandosi a sistemi automatici.
La nuova tecnologia avrà un ruolo chiave
anche nella battle network (rete di battaglia),
essendo in grado di collegare in un’area circoscritta milioni di apparecchiature
ricetrasmittenti.
Estremamente importante sarà il 5G
anche per i servizi segreti e le forze speciali: renderà possibili sistemi di spionaggio
molto più efficaci e accrescerà la letalità dei droni-killer.
Queste e altre applicazioni militari di
tale tecnologia sono sicuramente allo studio anche in Cina e altri paesi. Quella
in corso sul 5G non è quindi solo una guerra commerciale.
Lo conferma il documento strategico
del Pentagono: «Le tecnologie 5G rappresentano capacità strategiche determinanti
per la sicurezza nazionale degli Stati uniti e per quella dei nostri alleati». Occorre
quindi «proteggerle dagli avversari» e convincere gli alleati a fare lo stesso
per assicurare la «interoperabilità» delle applicazioni militari del 5G nel
quadro della Nato.
Ciò spiega perché l’Italia e gli altri
alleati europei degli Usa hanno escluso la Huawei e altre società cinesi dalle
gare per la fornitura di apparecchiature 5G per telecomunicazioni.
«La tecnologia 5G – spiega il Dr.
Joseph Evans nella conferenza stampa al Pentagono – è vitale per mantenere i vantaggi
militari ed economici degli Stati uniti», nei confronti non solo degli avversari,
in particolare Cina e Russia, ma degli stessi alleati.
Per questo «il Dipartimento della
Difesa sta lavorando strettamente con i partner industriali, che investono
centinaia di miliardi di dollari nella tecnologia 5G, allo scopo di sfruttare questi
massicci investimenti per applicazioni militari del 5G», comprese «applicazioni
a duplice uso» militare e civile.
In altre parole, la rete commerciale
del 5G, realizzata da società private, viene usata dal Pentagono con una spesa molto
più bassa di quella che sarebbe necessaria se la rete fosse realizzata
unicamente a scopo militare.
Saranno i comuni utenti, a cui le multinazionali
del 5G venderanno i loro servizi, a pagare la tecnologia che, a quanto
promettono, dovrebbe «cambiare la nostra vita», ma che allo stesso tempo servirà
a realizzare armi di nuova generazione per una guerra che significherebbe la
fine delle generazioni umane.
Manlio
Dinucci
il manifesto, 8 settembre 2020
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