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Monday, September 20, 2021

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L’Arte della guerra 

Joe Biden apprendista stregone nucleare 


Manlio Dinucci

 

Il presidente Biden ha annunciato la nascita dell’Aukus, partenariato strategico-militare tra Stati Uniti, Gran Bretagna e Australia, con «l'imperativo di assicurare la pace e stabilità a lungo termine nell'Indo-Pacifico», la regione che nella geopolitica di Washington si estende dalla costa occidentale degli Usa a quella dell’India.  Scopo di questa «missione strategica» è «affrontare insieme le minacce del 21° secolo come abbiamo fatto nel 20° secolo». Chiaro il riferimento alla Cina e alla Russia. Per «difendersi contro le minacce in rapida evoluzione», l’Aukus vara un «progetto chiave»: Stati Uniti e Gran Bretagna aiuteranno l’Australia ad acquisire «sottomarini a propulsione nucleare, armati convenzionalmente».

La prima reazione all’annuncio del progetto dell’Aukus è stata quella della Francia: essa perde in tal modo in contratto da 90 miliardi di dollari, stipulato con l’Australia, per la fornitura di 12 sottomarini da attacco Barracuda a propulsione convenzionale. Parigi, accusando di essere stata pugnalata alle spalle, ha ritirato gli ambasciatori dagli Usa e dall’Australia. Sul contenzioso tra Parigi e Washington si è focalizzata l’attenzione politico-mediatica, lasciando in ombra le implicazioni del progetto Aukus.

Anzitutto non è credibile che Stati Uniti e Gran Bretagna forniscano all’Australia le tecnologie più avanzate per costruire almeno 8 sottomarini nucleari di ultima generazione, con un costo unitario di circa 10 miliardi di dollari, per dotarli solo di armamenti convenzionali (non-nucleari). È come se fornissero all’Australia portaerei impossibilitate a imbarcare aerei.  In realtà i sottomarini avranno tubi di lancio adatti sia a missili non-nucleari che a missili nucleari. Il primo ministro Morrison ha già annunciato che l’Australia acquisirà rapidamente, tramite gli Usa, «capacità di attacco a lungo raggio» con missili Tomahawk e missili ipersonici, armabili di testate sia convenzionali che nucleari.

Sicuramente i sottomarini australiani saranno in grado di lanciare anche missili balistici Usa Trident D5, di cui sono armati i sottomarini statunitensi e britannici. Il Trident D5 ha un raggio di 12.000 km e può trasportare fino a 14 testate termonucleari indipendenti: W76 da 100 kt o W88 da 475 kt. Il sottomarino da attacco nucleare Columbia, la cui costruzione è iniziata nel 2019, ha 16 tubi di lancio per i Trident D5, per cui ha la capacità di lanciare oltre 200 testate nucleari in grado di distruggere altrettanti obiettivi (basi, porti, città e altri).  

Su questo sfondo, appare chiaro che Washington ha tagliato fuori Parigi dalla fornitura dei sottomarini all’Australia non semplicemente a scopo economico (favorire le proprie industrie belliche), ma a scopo strategico: passare a una nuova fase della escalation militare contro la Cina e la Russia nell’«Indo-Pacifico», mantenendo il comando assoluto dell’operazione. Cancellata la fornitura dei sottomarini francesi a propulsione convenzionale, obsoleti per tale strategia, Washington ha avviato quella che l’Ican-Australia denuncia come «l’accresciuta nuclearizzazione della capacità militare dell’Australia». Una volta operativi, i sottomarini nucleari australiani saranno di fatto inseriti nella catena di comando Usa, che ne deciderà l’impiego.  Questi sottomarini, di cui nessuno potrà controllare il reale armamento, avvicinandosi in profondità e silenziosamente alle coste della Cina, e anche a quelle della Russia, potrebbero colpire in pochi minuti i principali obiettivi in questi paesi con una capacità distruttiva pari a oltre 20 mila bombe di Hiroshima.

È facilmente prevedibile quale sarà la prima conseguenza. La Cina, che secondo il Sipri possiede 350 testate nucleari in confronto alle 5.550 degli Usa, accelererà lo sviluppo quantitativo e qualitativo delle proprie forze nucleari. Il potenziale economico e tecnologico che possiede le permette di dotarsi di forze nucleari equiparabili a quelle di Usa e Russia. Merito dell’apprendista stregone Biden che, mentre avvia il «progetto chiave» dei sottomarini nucleari all’Australia, esalta «la leadership di lunga data degli Stati Uniti nella non proliferazione globale».  

Manlio Dinucci

il manifesto, 21 settembre 2021


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