L’arte della guerra
Direttiva Guerini:
Italia sempre più armata
Manlio Dinucci
Oggi a La Spezia il ministro della Difesa Lorenzo
Guerini inaugura SeaFuture 2021 (il
manifesto 24 settembre), la mostra militare-navale sponsorizzata dalle
principali industrie belliche. In testa Fincantieri
(«sponsor strategico»), Leonardo
(«sponsor di platino») e Mbda (joint venture europea in cui Leonardo
ha il 25%) che partecipa come «sponsor d’oro». Il «Futuro» è già
stato tracciato nella «Direttiva per la politica industriale della Difesa»,
emanata da Guerini il 29 luglio: l’Italia deve «disporre
di uno Strumento militare in grado di esprimere le capacità militari evolute di
cui il Paese necessita per tutelare i propri interessi nazionali», che
assicuri «la sua appartenenza alla cerchia dei Paesi tecnologicamente ed
economicamente avanzati». La Direttiva, ribaltando l’Articolo 11 e altri
principi costituzionali col silenzio-assenso del Parlamento, stabilisce che l’Italia
deve sempre più armarsi. Allo stesso tempo stabilisce che l’Italia deve mantenere
e rafforzare «la relazione strategica con gli Stati Uniti, per assicurare
il coinvolgimento nell’innovazione tecnologica che trova negli Usa uno dei
principali incubatori, per favorire l’accesso delle aziende italiane nel mercato
americano e per posizionare meglio l’Italia nel contesto europeo».
La
linea tracciata dalla Direttiva è già da tempo operativa. Basti ricordare: l’imbarco sulla portaerei Cavour,
la nave ammiraglia della Marina, dei caccia Usa F-35B a decollo corto e atterraggio
verticale, al cui impiego la nave è stata certificata a Norfolk in Virginia; la
decisione di armare i sottomarini e le fregate italiane di missili Cruise con
raggio di almeno 1.000 km; la decisione di armare i droni Reaper, che l’Italia
ha acquistato dagli Usa. Questi e altri armamenti, di cui vengono dotate le
nostre forze armate, non servono alla difesa ma all’attacco. La Cavour armata
degli F-35B diventa una base militare avanzata che, dispiegata in lontani
teatri bellici, può attaccare e invadere un paese; i sottomarini e le fregate possono
colpire da grande distanza un paese con missili da crociera che, volando a
bassissima quota sul mare e lungo il contorno del terreno, sfuggono alle difese
anti-aeree; i droni Reaper, teleguidati da migliaia di km di distanza, possono colpire i «bersagli»
umani con missili Fuoco infernale e bombe
a guida laser o satellitare. L’Italia si sta così armando per partecipare ad
altre guerre sotto comando Usa/Nato.
La «relazione strategica con gli Stati Uniti», stabilita
dalla Direttiva, si sta rafforzando ogni giorno di più. Il gruppo Fincantieri,
controllato per il 70% dal Ministero dell’economia, ha negli Usa tre cantieri,
in cui sta costruendo dieci fregate multiruolo per la US Navy e quattro analoghe
navi da guerra per l’Arabia Saudita. La Leonardo – la maggiore industria militare
italiana, che ricava dagli armamenti oltre il 70% del suo fatturato – fornisce
negli Usa prodotti e servizi alle forze armate e alle agenzie d’intelligence, e
in Italia gestisce l’impianto di Cameri dei caccia F-35 della Lockheed Martin. Il
30% dell’azionariato del gruppo Leonardo appartiene al Ministero dello Sviluppo
economico. Per questo alla mostra militare di La Spezia, a fianco del ministro
Guerini del Pd partecipa il ministro Giorgetti della Lega. Definito «esperto di
conti», pensa lui a gestire i 30 miliardi di euro già stanziati dal Ministero dello
Sviluppo economico a fini militari e gli altri 25 richiesti dal Recovery Fund.
I 26 miliardi di euro
spesi annualmente dal ministero della Difesa non bastano più. Occorre passare ad almeno 36 miliardi annui, come
richiesto dalla Nato e ribadito dagli Usa. Tanto per fare due conti, la
portaerei Cavour è costata 1,3 miliardi di euro, i 15 F-35B per la Marina
costano 1,7 miliardi, e a questi si aggiungono altri 15 F-35B e 60 F-35A a
capacità nucleare per l’Aeronautica. Ci sono poi le spese operative: un giorno
di navigazione della Cavour costa oltre 200 mila euro e un’ora di volo di un
F-35 oltre 40 mila euro. Sempre con denaro pubblico sottratto alle specie
sociali, investito in armi e guerre per «tutelare
i nostri interessi nazionali e appartenere alla cerchia dei Paesi economicamente
avanzati».
Manlio Dinucci
il manifesto, 28 settembre 2021
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