L’Arte della guerra
Le nuove armi finanziarie
dell’Occidente
Manlio Dinucci
Nuove armi si stanno aggiungendo all’arsenale
delle politiche economiche e finanziarie dell’Occidente. Per comprenderne la
natura e portata, occorre partire da quelle sinora usate: le sanzioni –
compresa quella più pesante, l’embargo – attuate soprattutto da Stati uniti e
Unione europea contro interi Stati, società e persone. Fondamentale è comprendere
il criterio con cui vengono decise: Usa e Ue decretano a loro insindacabile giudizio
che uno Stato o altro soggetto ha commesso una violazione, stabiliscono la sanzione
o l’embargo totale, e pretendono che gli Stati terzi lo rispettino, pena
ritorsioni. Nel 1960 gli Stati uniti imposero l’embargo a Cuba che, liberatasi,
aveva violato il loro «diritto» a usare l’isola come proprio possedimento: il nuovo
governo nazionalizzò le proprietà delle banche e multinazionali Usa che controllavano
l’economia cubana. Oggi, 61 anni dopo, l’embargo continua, mentre le compagnie
Usa richiedono rimborsi per miliardi di dollari. Nel 2011, in preparazione
della guerra Usa-Nato contro la Libia, le banche statunitensi ed europee hanno
sequestrato 150 miliardi di dollari di fondi sovrani investiti all’estero dallo
Stato libico, di cui successivamente è sparita la maggior parte. Nella grande
rapina si è distinta la Goldman Sachs, la più potente banca d’affari statunitense,
di cui Mario Draghi è stato vicepresidente. Nel 2017, in seguito a nuove
sanzioni Usa contro il Venezuela, sono stati «congelati» dagli Usa beni per 7
miliardi di dollari e sequestrate 31 tonnellate d’oro depositate dallo Stato
venezuelano presso la Banca d’Inghilterra e la tedesca Deutsche Bank.
Su questo sfondo
si colloca la nuova, colossale operazione finanziaria lanciata dalla Goldman Sachs,
la Deutsche Bank e le altre grandi banche statunitensi ed europee. Apparentemente
speculare a quella delle sanzioni, essa prevede non restrizioni economiche o sequestro
di fondi per punire i paesi giudicati colpevoli di violazioni, ma la
concessione di finanziamenti a governi e altri soggetti virtuosi che si
attengono all’«Indice ESG: Ambiente, Società, Governance». Scopo ufficiale dell’Indice
ESG è stabilire le norme per evitare l’imminente catastrofe climatica annunciata
dalla Conferenza di Glasgow, per difendere i diritti umani calpestati dai
regimi totalitari, per assicurare il buon governo sul modello delle grandi
democrazie occidentali. A fissare tali norme sono soprattutto il Dipartimento
di stato Usa, il World Economic Forum, la Rockfeller Foundation, la Banca
Mondiale, affiancati con ruolo subalterno da alcune organizzazioni Onu. La
massima garanzia per i diritti umani è rappresentata dal Dipartimento di stato
Usa, il cui embargo all’Iraq con l’avallo Onu provocò, nel 1990-2003, un
milione e mezzo di morti tra cui mezzo milione di bambini.
L’operazione
finanziaria si concentra sul cambiamento climatico: la Conferenza Onu di Glasgow
ha annunciato, il 3 novembre, che «la Finanza diventa verde e resiliente». Nasce la Glasgow Financial Alliance for Net
Zero, cui hanno aderito da aprile 450 banche e multinazionali di 45 paesi, la
quale si impegna a «investire nei prossimi tre decenni oltre 130 trilioni (130 mila
miliardi) di dollari di capitale privato per trasformare l’economia fino a zero
emissioni nel 2050». I capitali vengono raccolti attraverso l’emissione di Green
Bond (obbligazioni verdi) e investimenti effettuati da fondi comuni e fondi
pensione, in gran parte con i soldi di piccoli risparmiatori che rischiano di
ritrovarsi in una ennesima bolla speculativa.
Ormai non c’è banca
o multinazionale che non si impegni a realizzare le zero emissioni entro il
2050 e ad aiutare in tal senso i «paesi poveri», dove oltre 2 miliardi di abitanti
usano ancora la legna quale unico o principale combustibile. Solennemente impegnata
per le zero emissioni è anche la compagnia petrolifera anglo-olandese Royal
Dutch Shell che, dopo aver provocato un disastro ambientale e sanitario nel delta
del Niger, si rifiuta di bonificare le terre inquinate. Così, in attesa delle
zero emissioni, gli abitanti continuano a morire per l’acqua inquinata dagli
idrocarburi della Shell.
Manlio Dinucci
Il manifesto,09 novembre 2021
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