L’arte della guerra
A chi sono utili
le «inutili guerre»
Manlio Dinucci
La canzone meritoriamente vincitrice del
Festival di Sanremo è accompagnata da un videoclip che mostra drammatiche scene
di guerra e attentati in un mondo in cui la vita, nonostante ciò, deve andare
avanti «perché tutto va oltre le vostre inutili guerre». Proviamo a sostituire
al videoclip un docufilm degli ultimi fatti.
In Europa la Nato sta schierando crescenti
forze (comprese quelle italiane) sul fronte orientale contro la Russia,
presentata quale minacciosa potenza aggressiva. Nel quadro di un riarmo
nucleare del costo di 1.200 miliardi di dollari, gli Stati uniti si preparano a
schierare dal 2020 in Italia, Germania, Belgio e Olanda, e probabilmente anche
in Polonia e altri paesi dell’Est, le nuove bombe nucleari B61-12, di cui
saranno armati i caccia F-35.
Alle esercitazioni di guerra nucleare
partecipa l’Aeronautica italiana, che lo scorso settembre ha inviato un suo
team presso il Comando Strategico degli Stati Uniti. Gli USA accusano inoltre la Russia di schierare
sul proprio territorio missili a raggio intermedio con base a terra, in
violazione del Trattato INF del 1987, e si preparano a schierare in Europa
missili analoghi ai Pershing 2 e ai Cruise degli anni Ottanta.
Si crea in tal modo un confronto militare
analogo a quello della guerra fredda, che accresce l’influenza USA in Europa e
ricompatta gli alleati nella comune strategia mirante a mantenere la supremazia
in un mondo che cambia.
Ciò comporta una crescente spesa militare:
l’Italia la porterà da 70 a 100 milioni di euro al giorno; la Spagna a 50
milioni con un aumento del 73% entro il 2024; la Francia la accrescerà del 40%
superando i 135 milioni al giorno. Per potenziare il proprio arsenale nucleare
la Francia spenderà 37 miliardi di euro entro il 2025. Affari d’oro per le industrie
belliche: il rendimento azionario della maggiore del mondo, la statuntense
Lockheed Martin, è aumentato dell’84% in tre anni.
Funzionali ai potenti interessi che alimentano
l’escalation USA/NATO sono le formazioni neonaziste ucraine, addestrate da istruttori
USA trasferiti da Vicenza. L’Ucraina di Kiev, dove convergono militanti da
altri paesi, è divenuta il «vivaio» del
rinascente nazismo nel cuore dell’Europa (ma di questo in Italia praticamente
non si parla).
In Medioriente, fallito in seguito
all’intervento russo a sostegno di Damasco
il piano USA/NATO di demolire lo Stato siriano come già fatto con quello
libico, è in corso il tentativo, coordinato con Israele, di balcanizzare il
paese strappandogli pezzi del territorio nazionale.
In una audizione al Congresso Usa, il 6
febbraio scorso, l’ambasciatore (a riposo) Robert Ford ha dichiarato che, per
le operazioni militari e «civili» in
Siria, nella cui parte orientale operano oggi circa 2.000 militari Usa, gli
Stati uniti hanno speso dal 2014 12 miliardi di dollari (in gran parte per
armare e sostenere movimenti jihadisti allo scopo di scardinare lo Stato
dall’interno).
In Asia orientale – sottolinea la
«National Defense Strategy 2018» del Pentagono – gli Stati uniti hanno di
fronte «la Cina, un competitore strategico che usa una economia predatoria per
intimidure i suoi vicini, mentre militarizza sotto diversi aspetti il Mar
Cinese Meridionale». Il Pentagono sta esaminando un piano per inviare in Asia
Orientale una forza di reazione rapida del Marines, pesantemente armata.
Perdendo terreno sul piano economico
rispetto alla Cina, gli Stati uniti mettono in campo la loro forza militare.
Creano così nuove tensioni nella regione, non a caso nel momento in cui vi sono
segnali distensivi tra le due Coree. Lo sbocco può essere un’altra guerra, non
«inutile» ma utilissima alla strategia dell’impero.
Il manifesto, 13 febbraio 2018
NO WAR NO NATO
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