L’arte
della guerra
Gli aggressori garanti
della «sovranità» libica
Alla Conferenza
di Berlino il segretario di stato Usa Mike Pompeo ha richiesto «la fine dell’interferenza
straniera in Libia, l’embargo sulle armi e un durevole cessate il fuoco». Lo stesso hanno fatto Francia, Regno Unito e
Italia, gli stessi paesi che nove anni formavano insieme agli Usa la punta di
lancia della guerra Nato contro la Libia.
Prima avevano
armato contro il governo di Tripoli settori tribali e gruppi islamici, e infiltrato
forze speciali tra cui migliaia di commandos qatariani. Quindi, dichiarando di
voler fermare Gheddafi «massacratore del suo popolo», veniva lanciata l’operazione
bellica sotto comando Usa. In sette mesi, l’aviazione Nato effettuava 30 mila
missioni, di cui 10 mila di attacco con oltre 40 mila bombe e missili. L’Italia
metteva a disposizione della Nato 7 basi aeree ed effettuava con i propri cacciabombardieri
oltre 1.000 missioni sulla Libia.
Veniva così
demolito quello Stato che, sulla sponda sud del Mediterraneo, registrava «alti
livelli di crescita economica e alti indicatori di sviluppo umano» (come
documentava nel 2010 la stessa Banca Mondiale), dove trovavano lavoro circa due
milioni di immigrati per lo più africani. Veniva così affossato il progetto della
Libia di far nascere, con i suoi fondi sovrani, organismi economici
indipendenti dell’Unione africana.
Usa e Francia
si accordarono per bloccare con la guerra il piano libico di creare una moneta
africana, in alternativa al dollaro e al franco Cfa imposto a 14 ex colonie africane: lo provano le mail della
segretaria di stato Hillary Clinton portate alla luce da WikiLeaks («reato» per
cui Julian Assange è detenuto in un carcere britannico e rischia, se estradato
negli Usa, dall’ergastolo alla pena di morte).
I fondi sovrani, circa 150 miliardi di dollari
investiti all’estero dallo Stato libico e «congelati» alla vigilia della guerra,
sono in gran parte spariti. Dei 16 miliardi di euro libici bloccati nella
Euroclear Bank ne sono spariti 10, e lo stesso è avvenuto in altre banche della
Ue.
Ora la Ue ,
come ha dichiarato alla Conferenza di Berlino, si impegna a dotare la Libia della
«capacità di costruire istituzioni nazionali, tipo la Compagnia petrolifera, la
Banca Centrale e l’Autorità per gli investimenti». Il tutto nel quadro di «riforme
economiche strutturali», ossia della privatizzazione delle aziende pubbliche. Si
intende così legalizzare nella sostanza il sistema odierno, secondo cui gli
introiti dell’export energetico, stimati in oltre 20 miliardi di dollari nel
2019, vengono spartiti tra gruppi di potere e multinazionali. Oltre alle riserve petrolifere (le maggiori dell’Africa) e di
gas naturale, vi è l’immensa
falda nubiana di acqua fossile in prospettiva più preziosa del petrolio, che lo
Stato libico aveva cominciato a usare trasportando l’acqua attraverso condotte da
1.300 pozzi nel deserto fino alle città costiere.
E’ in gioco
il controllo dello stesso territorio libico di primaria importanza geostrategica:
va ricordato che nel 1954 gli Usa avevano installato a Wheelus Field, alle
porte di Tripoli, la loro principale base aerea nel Mediterraneo con
cacciabombardieri armati anche di bombe nucleari.
Uno dei
principali obiettivi dell’odierna politica russa in Libia è certamente quello
di impedire che qui si installino basi militari Usa/Nato. In qualsiasi caso la
Nato, convitato di pietra alla Conferenza di Berlino, continuerà a svolgere un
ruolo di primo piano nella situazione libica, in particolare attraverso la base
di Sigonella. Una eventuale «missione di pace» Ue in Libia vedrebbe la
partecipazione di paesi Nato, che userebbero di fatto l’intelligence, la rete di telecomunicazioni e il supporto logistico dell’Alleanza sotto
comando Usa. C’è però la
massima garanzia: a Berlino Usa e Ue si sono solennemente impegnati a «continuare
ad appoggiare fortemente la sovranità della Libia».
il manifesto, 21 gennaio 2020
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«DICHIARAZIONE DI FIRENZE»
Per la creazione di un fronte internazionale NATO EXIT in tutti i paesi europei della NATO.
Geografo e geopolitologo. Libri più recenti: Laboratorio di geografia, Zanichelli 2014 ; Diario di viaggio, Zanichelli 2017 ; L’arte della guerra / Annali della strategia Usa/Nato 1990-2016, Zambon 2016, Guerra Nucleare. Il Giorno Prima 2017; Diario di guerra Asterios Editores 2018, Premio internazionale per l'analisi geostrategica assegnato il 7 giugno 2019 dal Club dei giornalisti del Messico, A.C.
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