L’Arte della guerra
3000 miliardi $ nel pozzo afghano senza fondo
Manlio Dinucci
Nella Dichiarazione di Londra (3 dicembre)
i 29 paesi della Nato hanno riaffermato «l’impegno
per la sicurezza e stabilità a lungo termine dell’Afghanistan». Una settimana
dopo, in base alla «Legge sulla libertà di informazione» (usata per svuotare dopo
anni alcuni armadi dagli scheletri a seconda della convenienza politica), il Washington Post ha desecretato 2.000
pagine di documenti i quali «rivelano che funzionari Usa hanno ingannato il
pubblico sulla guerra in Afghanistan». In sostanza hanno nascosto i disastrosi
effetti, anche economici, di una guerra in corso da 18 anni.
I dati più interessanti che emergono sono
quelli dei costi economici:
Ø Per le operazioni belliche sono stati
spesi 1.500 miliardi di dollari, cifra che «rimane opaca», in altre parole
sottostimata: nessuno sa quanto abbiano speso nella guerra i servizi segreti o
quanto costino in realtà i contractors, i mercenari reclutati per la guerra (attualmente
circa 6 mila).
Ø Poiché «la guerra è stata finanziata con
denaro preso a prestito», sono maturati interessi per 500 miliardi che portano
la spesa a 2.000 miliardi di dollari.
Ø Si aggiungono ad essa altre voci: 87
miliardi per addestrare le forze afghane, 54 miliardi per la «ricostruzione», gran
parte dei quali sono andati «perduti per corruzione e progetti falliti».
Ø Per lo meno altri 10 miliardi sono stati
spesi per la «lotta al narcotraffico», col bel risultato che la produzione di
oppio è fortemente aumentata: oggi l’Afghanistan fornisce l’80% dell’eroina al
narcotraffico mondiale.
Ø Con gli interessi che continuano ad accumularsi
(nel 2023 saliranno a 600 miliardi) e il costo delle operazioni in corso, la spesa
supera ampiamente i 2.000 miliardi.
Ø Vi è inoltre da considerare il costo dell’assistenza medica ai veterani usciti
dalla guerra con gravi ferite o invalidità. Finora, per quelli che hanno
combattuto in Afghanistan e Iraq, sono
stati spesi 350 miliardi, che nei prossimi 40 anni saliranno a 1.400 miliardi
di dollari.
Ø Poiché oltre la metà viene spesa per i
veterani dell’Afghanistan, il costo della guerra sale per gli Usa a circa 3.000
miliardi di dollari.
Dopo 18 anni di guerra e un numero
inquantificabile di vittime tra i civili, il risultato sul piano militare è che
«i taleban controllano gran parte del paese e l’Afghanistan rimane una delle maggiori
aree di provenienza di rifugiati e
migranti».
Il Washington Post conclude quindi che dai documenti desecretati emerge «la cruda realtà
di passi falsi e fallimenti nello sforzo americano di pacificare e ricostruire
l’Afghanistan». In tal modo il prestigioso giornale, che dimostra come
funzionari Usa abbiano «ingannato il pubblico», inganna a sua volta il pubblico
presentando la guerra quale «sforzo americano di pacificare e ricostruire l’Afghanistan».
Il vero scopo della guerra condotta dagli
Usa in Afghanistan, alla quale partecipa dal 2003 la Nato in quanto tale, è
il controllo di quest’area di primaria importanza strategica al crocevia tra
Medio Oriente, Asia centrale, meridionale e orientale, soprattutto nei
confronti di Russia e Cina.
A
questa guerra partecipa sotto comando Usa l’Italia da quando il Parlamento ha
autorizzato nell’ottobre 2002 l’invio di un primo contingente militare a
partire dal marzo 2003. La spesa italiana, sottratta alle casse pubbliche come
quella statunitense, viene stimata in circa 8 miliardi di euro, cui si
aggiungono diversi costi indiretti.
Per
convincere i cittadini, colpiti dai tagli alle spese sociali, che occorrono altri
fondi per l’Afghanistan, si racconta che essi servono a portare migliori
condizioni di vita al popolo afghano. E i Frati del Sacro Convento di Assisi hanno
donato al presidente Mattarella la «Lampada della pace di San Francesco», riconoscendo in tal modo che «l’Italia, con le missioni
dei suoi militari, collabora attivamente per promuovere la pace in ogni parte
del mondo».
il manifesto, 17 dicembre 2019
http://www.natoexit.it/ -- ITALIANO
«DICHIARAZIONE DI FIRENZE»
Per la creazione di un fronte internazionale NATO EXIT in tutti i paesi europei della NATO.
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